ALPINISMO
Monte Rosa e la Montagna
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Da sempre chi vi scrive, è affascinato e coinvolto dalle bellezze della natura e la montagna in particolar modo. Tuttavia l’Amore vero è iniziato quando sono salito per la prima volta in questo luogo: sulle cime ghiacciate del M.Rosa. Corso di alpinismo e via per le ascensioni a quasi tutte le cime oltre i 4.000 mt. A toccare il cielo con un dito, a vivere emozioni incredibili per sentirsi grandi grandi e…piccoli piccoli. A scuola di vita, a sentire la vita come solo la Montagna ne è maestra. Ad esprimere tutto ciò che hai dentro per gioire, vivere profondamente e non sopravvivere. Per realizzarmi e sentire me stesso, vivo con il cuore, con la mente, e fiero come mai in nessun altro luogo ed altro modo.
Lassù non cè tenzone moralistica, la salita non è una fuga, l'andare in montagna non è uno scappar via dal un vuoto quotidiano fitto di trappole - il lavoro o lo studio - per precipitare in un altro vuoto che ci sfugge tra le dita al ritorno. La montagna diventa - anzi, è un'occasione per approfondire un incontro, per lasciarsi sollecitare da mille bellezze e coglierne il vero senso, per fare esperienza della mano di una compagnia che guida a un Destino che diventa sperimentabile come strada e come meta. La montagna è il luogo in cui è possibile star soli di fronte a se stessi - nel senso buono del termine - stando con gli altri e viceversa. In montagna è più facile ed immediato fare esperienza del valore degli altri, è impossibile iniziare ad accostarsi alla montagna da soli. La guida, il compagno di cordata, addirittura l'amico più esperto che ti conduce non sono optional, sono necessari come l’aria che si respira. La fatica della salita insegna che la compagnia vera non è futile e ciarliera ma una prossimità silenziosa ed efficace che per il puro fatto di esserci sostiene il tuo cammino. In montagna si parla poco con la lingua e molto con gli occhi e con i piedi. Con gli occhi perché la compagnia ti fa vedere ciò che alla tua distrazione sarebbe sfuggito - un panorama, un passaggio insidioso, la meta o il rifugio lassù in alto. Con i piedi perché la più grande carità di cui si può essere fatti oggetto è quella di potersi e doversi adeguare a un passo che non è il proprio. Andare in Montagna sembra facile e spontaneo. Non lo è affatto. Occorre una disciplina della persona, una padronanza delle proprie risorse, una capacità di superare crisi che sembrano senza rimedio. Chi corre per dieci minuti e si ferma sfiatato per altrettanti, non arriva da nessuna parte. Bisogna regolarizzare il passo, trattenere gli impeti, dosare energie, evitare il più possibile di fermarsi ad ogni piè sospinto. Ecco perché occorre l’umiltà di riconoscere che il ritmo del cammino può essere solo appreso ogni volta che per farlo occorre affidarsi ad un altro. La regola vale per tutti. Per i più bravi, che troveranno più gusto nell’ascesa. Per i più scalcagnati, che scopriranno risorse ed energie inaspettate. Per ciascuno, perché per dar credito a chi, dopo ore di cammino, ti dice che la meta è proprio lì a portata di mano, occorre quella fiducia in chi guida che solo l’esercizio della ragione e dell’obbedienza permettono. La montagna non è cattiva o “severa” come recita certa retorica alpinistica né “terreno di gioco” come vorrebbe certo gigionismo climberistico. La montagna è quello che è. Essenzialmente un mucchio di sassi, come diceva Walter Bonatti. È la vita ad essere un Mistero in cui un Altro ci fa essere. E qualsiasi esperienza di vera montagna aiuta a capire e a far memoria.
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Fermo al campo base a curarti le ferite dell'ultima caduta dalla cima,
quella caduta non accidentale, ma come subita da un violento terremoto, ogni tanto alzi la testa e guardi la sommità che tocca il cielo.
La guardi talvolta con paura, altre con indifferenza, la guardi come qualcosa che non apparterrà mai piu' a te.
Tu hai già dato, hai scalato, lo hai fatto quando le tue forze vitali erano grandi,
quando non esisteva nè stanchezza nè paura in te.
Scalavi per sfida ma ben consapevole che ce l'avresti fatta e se ciò non fosse accaduto non sarebbe stata la fine del mondo, e loro sono sempre lì.
Fermo a quel campo base ti lecchi le ferite, chiuso nella tua tenda non presti orecchio ai suoni del mondo, nè porgi occhio alle visioni che esso ti rivolge.
Hai male ovunque, male alle ossa, male al cuore, male all'anima.
Altro non vorresti che la tranquillità, altro non vorresti che ritrovare la stessa adrenalina che metti nella scalata lì pronta di fronte a te per potere allungare una mano e afferrarla senza sforzo o fatica perchè ne hai bisogno per sentirti bene.
Altro non vorresti che sentire il sapore della vittoria dentro di te per placare ogni tuo desiderio e gustarti la felicità.
Poi per incanto, quando piano piano le ferite si stanno rimarginando, rialzi timidamente la testa verso la cima, e ti sembra di scorgere qualcosa di meraviglioso lassu', qualcosa di diverso, di inafferabile forse, ma di enorme valore, un qualcosa che a valle non troverai mai disponibile.
Vai a dormire con la stessa idea di quando ti svegli all’alba: " scalare quella cima"
scalarla con le poche forze che ti rimangono, con le insidie e i pericoli che anche solo la scalata stessa potrebbe riservarti, scalarla senza alcuna certezza di arrivare, e di sentirla tua. La guardi, ne sei attratto, quasi ipnotizzato, lei è là silente che ti chiama, ti guarda, ti osserva.
Sai bene che se mai la conquistassi avrebbe un sapore dolcissimo, sarebbe una vittoria per te enorme, vorrebbe dire che vuoi ancora vivere e non vegetare,
significherebbe sconfiggere le tue paure, i tuoi timori , i tuoi dolori.
Sei ai piedi della montagna, la sfiori, la tocchi come altre mille persone possono fare,
sai che solo se poggerai i piedi sulla sua cima il tuo nome sembrerebbe scolpito in essa.
Tira vento stamattina, il cielo è terso, la cima è sempre piu' bella, il richiamo sempre piu' forte, vorresti arrivare dove neanche le aquile osano volare.
Inizi a preparare il tuo zaino, pesantissimo di retaggi, sai che man mano che ti avvicinerai alla cima potrebbe alleggerirsi fino a divenire leggero come una piuma.
Guardi la cima, è lassu' che ti guarda, metti nello zaino la bandiera quella bandiera che potrebbe sventolare maestosa, ma che potrebbe anche restare ripiegata.
Sei certo che da lassu' il panorama della vita sarebbe di una bellezza tale che altrove mai potrebbe offrirti.
Sai che anche solo la scalata potrebbe fermarti, ferirti, sai che grosse bufere potrebbero scatenarsi, sai che fitte nebbie potrebbero disorientarti, che venti gelidi potrebbero farti desistere.
Che fare?
Partire?
Osare?
Scalare?
Piano piano ti avvicini allo zaino,lo sistemi sulle stanche spalle, alzi lo sguardo ,la cima ti guarda...sorridi, raccatti le tue forze...e fra te e te bisbigli come a trovare certezze
" ti scalerò, ci proverò, ci metterò tutto me stesso, se arriverò alla cima non mi è dato sapere, ma di certo sò che fin dove arriverò mi sentirò vivo e potrò dire a me stesso
almeno ci ho provato"
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